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lunedì 30 aprile 2012

Corte di Cassazione: «Farsi le canne non costituisce causa di licenziamento»




Corte di Cassazione: 

«Farsi le canne 

non costituisce causa 

di licenziamento»




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 Per tutti quei lavoratori che si «fanno le canne» sono previste sanzioni meno dure. A stabilirlo è la Cassazione che, attraverso una sentenza della sezione Lavoro, è stato sottolineato il fatto che « la natura della sostanza stupefacente detenuta ha un peso non rilevante dal punto di vista della compromissione dell'elemento fiduciario» tra impiegato e azienda.
Insomma, maggiore tolleranza per sostanze come marijuana e hashish, dal momento che gli effetti sono molto diversi rispetto ad altre sostanze come eroina o crack.
Il caso oggetto della sentenza ha visto un dipendente della Unicredit Banca di Nuoro, che, durante un'operazione delle forze dell'ordine, era stato trovato in possesso di importanti quantità di hashish e marijuana.
Per la Corte d'appello di Sassari, giugno 2007, il dipendente andava reintegrato nel suo posto di lavoro perchè «l'uso di hashish e di marijuana non comporterebbe assuefazione, non determinerebbe la modificazione della personalità» e in definitiva «comporterebbe l'inesistenza di alcun pericolo per l'Istituto di credito, anche dal punto di vista della salvaguardia dell'immagine».



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il popolo Rom


 L'Europa non ha mai protetto il popolo Rom


  L’Europa non ha mai protetto il popolo Rom. Da otto secoli Rom e Sinti sono colpiti da discriminazione, violenza, persecuzione etnica. Tutta la cultura e la tradizione del nostro continente sono permeate di antiziganismo e il milione di morti Rom durante il Porrajmos non ha mai trovato giustizia postuma. Come gli ebrei negli anni dei pogrom e della Shoah, così i Rom sono il capro espiatorio di un continente che ha costruito le propria fondamenta civili su guerre, massacri, ruberie. Il popolo Rom rappresenta l’unica speranza di riscatto del Vecchio Continente in seguito a una Storia infame. E’ ora che l’Unione europea processi se stessa e si riscatti, partendo dal rispetto per questa gente pacifica, libera e portatrice di una cultura millenaria improntata all’amore per tutti gli esseri umani e l’ambiente che ci accoglie.



Lo chiamano il campo dei «Mangiatori di topi», un posto che se non lo vedi con i tuoi occhi non ci credi che esiste. L’accampamento rom abusivo di Lungo Stura Lazio è una grande bidonville dimenticata. Una sponda malsana, tra le baracche e le roulotte scassate, dove la Torino che “non sta mai ferma”, quella dei cantieri e del progresso urbanistico, non è mai arrivata. Siamo in zona Barca, estrema periferia nord-est a due passi da Settimo e ultimo girone infernale della città. Qui secondo alcune stime vivono tra le mille e le duemila persone, e almeno duecento sarebbero i bambini. La certezza nelle cifre non c’è. I numeri sono un’opinione per chi convive tra gli arbusti con ratti e immondizia, anche di origine sospetta. Eccolo il quarto mondo a due passi da noi, il drammatico microcosmo umano ignorato dalla politica, la bomba ecologica che nessuno sa come disinnescare.



Torino: 

la favela dei «Mangiatori di topi»


Dagli orti abusivi agli affari sporchi
Gli abitanti del campo sono per lo più rom romeni, rom italiani e cittadini romeni. I primi occupanti sono arrivati negli anni ’90, quando sulla sponda destra della Stura c’era soltanto una distesa di orti abusivi, coltivati con accanimento dai pensionati della zona. Era un piccolo gruppo di romeni, fuggiti dal loro paese dopo la fine della dittatura di Ceausescu. Gente di poche pretese dicono le malelingue, abituata a vivere nelle fogne di Bucarest. Ecco perché dalla sponda opposta del fiume altri nomadi meno disperati di origine slava hanno cominciato a chiamarli con disprezzo «Mangiatori di topi». Col passare degli anni la comunità è cresciuta fino ad arrivare a contare più abitanti di molti paesi del Piemonte. Oggi in Lungo Stura Lazio c’è una piccola città di disperati, con i numeri civici segnati sulle baracche con spray rosso e persino con piccoli pseudo-rioni. Sembra assurdo ma anche nel girone infernale degli ultimi c’è chi è meno disgraziato degli altri: chi vive verso il ponte di strada Settimo, dietro il monumento ai partigiani, sta meglio di quelli costretti a contendere lo spazio vitale ai topi in un pezzo di terra sotto il livello del fiume che qui chiamano «la buca». In quello che un giudice del tribunale di Torino ha definito «uno dei luoghi peggiori mai visti», una capanna costa 250 euro, ma c’è chi possiede due proprietà e ne affitta una per 10 euro a settimana. Chi non paga viene sfrattato, ma senza le lungaggini della burocrazia italiana: bastano un paio di rom con l’aria truce a costringere il malcapitato a cambiare aria. Solitamente questo metodo funziona, soprattutto dopo che nel 2008 un uomo di nazionalità romena è stato ucciso a colpi di motosega da due connazionali dopo una disputa sul possesso di una “abitazione” affacciata sul fiume. Ma a differenza di quanto si sarebbe portati a credere, in questo dedalo di dormitori fatiscenti si trova una grande varietà umana. C’è la brava gente che riesce a sopravvivere con lavori umili ma onesti, e c’è chi delinque. Tutti sono costretti a rispettare la legge non scritta di un gruppo impenetrabile, governato da pochi capi famiglia. La miseria di Lungo Stura Lazio è un terreno fertile per la criminalità e le baracche sono il punto di partenza per molte attività illegali.

Già alle otto del mattino lo stradone che costeggia la favela torinese inizia a brulicare di rom. È come un condominio i cui abitanti si alzano e vanno al lavoro. E sulle sponde della Stura gli impieghi sono molteplici: ci sono gli invalidi, succubi del racket delle elemosine, che partono lentamente per raggiungere gli incroci sparsi nei diversi quartieri, le borseggiatrici con le gonne lunghe pronte a prendere d’assalto i mezzi pubblici, i ragazzi esperti nel rubare i motorini e quelli abili nel maneggiare il piede di porco per svaligiare gli appartamenti. Infine ci sono i “predoni di oro rosso”, rom specializzati nel procurarsi rame e metalli pregiati, che si mettono in cammino con in spalla gli zainetti e in tasca le tronchesine.
Mentre i “lavoratori” sono in giro, i bambini rimasti nella baraccopoli giocano tra i sacchetti dell’immondizia colorati. Poco distante gli uomini giocano a biliardo in un bar improvvisato dove si stringono legami familiari e si concludono affari davanti a un bicchiere di birra.
Il ritorno di massa al campo avviene solo quando cala la notte e si fanno i conti con i capi. Chi ha lavorato male portando poche monetine o una refurtiva scadente, viene punito. Poche scuse, è la legge di Lungo Stura, dove si vive ai margini del codice penale e chi si ribella può addirittura perdere la vita. È accaduto a Vasile Doicescu, muratore quarantenne senza precedenti penali, morto bruciato vivo nel giorno di Pasqua del 2008 per aver disobbedito alle supreme regole della bidonville.
L’apparente ordine imposto dai capi bastone non vale però al di fuori del campo. Più volte negli ultimi anni la polizia ha dovuto intervenire per sedare delle risse tra i romeni di Lungo Stura e gli slavi del vicino accampamento autorizzato dal comune. Litigano a volte per motivi passionali e più frequentemente per affari. Provocazioni, minacce reciproche di vendetta che finiscono a bastonate e addirittura con qualche sparo. Poi torna la calma apparente: qualcuno si impone, qualcun altro si sottomette e i feriti di una parte e dell’altra, una volta portati in ospedale, si rifiutano quasi sempre di sporgere denuncia. È chiaro che la legge italiana non è bene accetta all’interno del campo. La zona è off limits e la polizia lo sa. Le iniziative di agenti solitari sono assolutamente sconsigliate dopo che nel 2007 una pattuglia ha rischiato il linciaggio per aver inseguito un’auto fin dentro le stradine fangose della bidonville.
I blitz organizzati invece si fanno, e in qualche caso hanno portato a scoprire merce rubata pronta ad essere spedita in Romania: vestiti, materiale edile ed elettrico, qualche scooter.


Roghi, epidemie e rifiuti misteriosi
La notte nel campo rom ha il sottofondo delle urla tra ubriachi e delle musiche dell’est. Si litiga e si fa festa a pochi passi gli uni dagli altri, mentre i residenti del quartiere Barca si lamentano per gli schiamazzi e per il fumo nero e l’odore acre di gomma bruciata che sale dal campo col calare del buio. I “predoni di oro rosso” fondono il rame trovato in città separandolo dalle guaine di gomma che ricoprono i cavi, provocando in questo modo fumi tossici che a seconda del vento possono arrivare anche fino alla Falchera e alla Barriera di Milano. L’ignoranza e le quotazioni di questo metallo fondamentale per l’edilizia sul mercato nero (fino a 10 euro al chilo) fanno passare in secondo piano gli effetti nocivi sulla salute e trasformano la Barca in una piccola Terra dei Fuochi, nata in silenzio e cresciuta nell’indifferenza dell’operoso e civile Nord Italia.
Il campo intanto continua a crescere nonostante i piccoli gruppi di fuoriusciti che, stanchi di vivere in mezzo ai topi e alla violenza, vanno a occupare terreni altrove. Per chi invece rimane in Lungo Stura Lazio, l’emergenza non conosce stagioni. D’inverno il rischio maggiore sono gli incendi, che possono divampare all’interno delle stamberghe a causa delle stufe accese, e le alluvioni, che fanno alzare improvvisamente il livello del fiume arrivando a lambire le baracche più vicine alla riva. Ad ogni ondata di piena la Protezione Civile sgombera in fretta la zona ma appena il torrente torna negli argini la vita nel campo ritorna come prima, aspettando la bella stagione che porta però inevitabilmente altri problemi. I bambini fanno i tuffi nel fiume inquinato per trovare sollievo al caldo di luglio che trasforma l’immensa quantità di spazzatura presente nella favela in una bomba ecologica, un focolaio di epidemie.
Sono proprio i rifiuti, l’ammasso informe che circonda e sommerge le catapecchie, che viene spostato di volta in volta per cercare altro spazio in cui accamparsi, il problema principale del campo. Con l’aiuto dei volontari in passato sono state organizzate operazioni di pulizia che hanno permesso di portare via centinaia di tonnellate di spazzatura. Poi i soldi del Comune sono finiti e l’immondizia è tornata nel campo come e più di prima. Dune che camminano, compongono e scompongono cataste di schifo in cui si trova di tutto: sacchetti di plastica, vecchi elettrodomestici, mobili, materassi, pneumatici di camion, ferri arrugginiti e persino amianto. Ma c’è di più, il sospetto che i rifiuti comuni nascondano scarti nocivi è forte. Lo ha detto chiaro e tondo già nel 2010 a La Stampa Michele Curto, ex presidente della Terra del Fuoco, associazione impegnata nella mediazione sociale negli insediamenti abusivi: «Nessuno sa che cosa si nasconde nei cumuli di rifiuti, di certo non tutto arriva da dentro il campo». Le sponde del fiume sarebbero diventate «lo sversatoio di Torino, anche per i rifiuti industriali e chimici». Una questione che potrebbe anche assumere risvolti allarmanti se venisse provata l’esistenza di un’ecomafia locale formata da piccole e medie imprese che stringono patti con i capi per poter scaricare impunemente tra gli arbusti e le baracche di Lungo Stura i loro rifiuti pericolosi. Sono passati altri due anni, ci sono state le elezioni e l’entrata in carica di un nuovo consiglio comunale, ma in Lungo Stura Lazio non sembra essere cambiato nulla. Eppure ad ogni tornata elettorale si fanno proposte per risolvere il problema dei rom. La demagogia la fa da padrone, poi appena chiuse le urne si scopre che i soldi per le bonifiche non ci sono e la politica viene inevitabilmente colpita da una imbarazzante paralisi. «Bisognerebbe sgomberarli», dicono i residenti della Barca, ormai esasperati. Solo che la maggior parte degli occupanti dell’accampamento sono cittadini comunitari che non si può rimandare a casa. Dunque l’atteggiamento dell’amministrazione comunale in merito alla questione dei duemila rom pare almeno per ora orientato a non svegliare il can che dorme. Almeno fino alla prossima piena, fino al prossimo focolaio di Tbc, fino al prossimo episodio di violenza.
 Massimiliano Ferraro


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domenica 29 aprile 2012

E' una leggenda molto bella e commovente di origine polacca.





 E' una leggenda molto bella e commovente di origine polacca.
Una gatta era disperata perchè i suoi gattini erano stati appena buttati dal padrone nel fiume. I salici affacciati sulla sponda impietositi dai continui e strazianti lamenti della gatta, tesero i loro rami sul fiume e così i gattini vi si aggrapparono e si salvarono.

Da quel giorno gli alberi di salice non fioriscono più ma si ricoprono di una morbida infiorescenza bianca in ricordo dei gattini salvati. Tali infiorescenze ancora oggi vengono chiamate proprio "gattini".





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Noi vendiamo la nostra anima, ma non a chiunque





Fino a qualche mese fa era impossibile chiedere alla Merkel e ai Tedeschi un atteggiamento diverso nei nostri confronti....Oggi con Monti è tutta un'altra cosa. Guardate la foto, scattata a Berlino a ottobre.... leggete lo slogan riportato dal manifesto: "Noi vendiamo la nostra anima, ma non a chiunque"... Per capire quale era il pregiudizio nei nostri confronti


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il piu' grande Glicine del mondo



il piu' grande Wistaria del mondo

Questa meravigliosa creatura vegetale è una Wistaria Chinensis , un Glicine, di favolosa dimensione e bellezza quando è in fiore.
E' nel Kawachi Fuji garden nella cittadina di Kitakyushu in Giappone.



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venerdì 27 aprile 2012

JUAN CARLOS : WWF revoca la carica di Presidente onorario



JUAN CARLOS..IN BATTUTA DI CACCIA,
 SORRIDENTE DOPO AVER UCCISO UN ELEFANTE...
MADRID, 21 LUG - Riuniti in assemblea straordinaria, i soci del WWF Spagna hanno deciso di revocare la carica di Presidente onorario, ricoperta da Re Juan Carlos dal 1968, anno della sua fondazione. Come spiega la stessa organizzazione animalista, l'assemblea ha reagito cosi' alle numerose lamentele giunte dai soci in merito alla partecipazione del monarca, lo scorso aprile, ad una battuta di caccia all'elefante in Botswana. La decisione e' stata presa ad ampia maggioranza: 226 voti favorevoli, 13 contrari.



 Ho visto un re e un elefante. Il re
sorrideva con il fucile in mano. L'elefante
invece era morto. L'elefante è stato
assassinato da Juan Carlos, monarca di
Spagna. Lascia una famiglia. Gli elefanti
vivono in gruppo, insieme, anche per
decenni. Hanno comportamenti sociali
simili ai nostri. Le femmine rimangono,
spesso per sempre, vicino alla madre.
Quando un elefante muore, i suoi
compagni ne soffrono. Rimane nel
branco una ferita incancellabile per chi
scompare. Il costo dell’assassinio è stato
di 30.000 euro. Un vero affare per un
animale in via di estinzione.


 ecco una foto esempio come viene trattato un elefante mamma ...


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mercoledì 25 aprile 2012

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martedì 24 aprile 2012

L’asino e il contadino



  L’asino e il contadino

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 L’asino e il contadino
Un giorno l'asino di un contadino cadde in un pozzo. Non si era fatto male, ma non poteva più uscire. Il povero animale continuò a ragliare sonoramente per ore. Il contadino era straziato dai lamenti dell'asino, voleva salvarlo e cercò in tutti i modi di tirarlo fuori ma dopo inutili tentativi, si rassegnò e prese una decisione crudele. Poiché l'asino era ormai molto vecchio e non serviva più a nulla e poiché il pozzo era ormai secco e in qualche modo bisognava chiuderlo, chiese aiuto agli altri contadini del villaggio per ricoprire di terra il pozzo. Il povero asino imprigionato, al rumore delle palate e alle zolle di terra che gli piovevano dal cielo capì le intenzioni degli esseri umani e scoppiò in un pianto irrefrenabile. Poi, con gran sorpresa di tutti, dopo un certo numero di palate di terra, l'asino rimase quieto. Passò del tempo, nessuno aveva il coraggio di guardare nel pozzo mentre continuavano a gettare la terra. Finalmente il contadino guardò nel pozzo e rimase sorpreso per quello che vide, L'asino si scrollava dalla groppa ogni palata di terra che gli buttavano addosso, e ci saliva sopra. Man mano che i contadini gettavano le zolle di terra, saliva sempre di più e si avvicinava al bordo del pozzo. Zolla dopo zolla, gradino dopo gradino l'asino riuscì ad uscire dal pozzo con un balzo e cominciò a trottare felice.

Quando la vita ci affonda in pozzi neri e profondi, il segreto per uscire più forti dal pozzo é scuoterci la terra di dosso e fare un passo verso l'alto. Ognuno dei nostri problemi si trasformerà in un gradino che ci condurrà verso l’uscita. Anche nei momenti più duri e tristi possiamo risollevarci lasciando alle nostre spalle i problemi più grandi, anche se nessuno ci da una mano per aiutarci





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lunedì 23 aprile 2012

vivere senza soldi : Daniel Suelo



E' possibile, nella società contemporanea, vivere senza soldi, senza lavoro, ma condurre in ogni caso una vita dignitosa e non completamente isolata dal mondo? Non si tratta di una provocazione, ma della scelta di vita concreta e coraggiosa effettuata dodici anni fa dallo statunitense Daniel Suelo, che nel 2000 ha rinunciato completamente al possesso di denaro, facendo a meno di guidare l'automobile, liberandosi della propria patente di guida e dei documenti di identità e scegliendo come propria dimora una caverna situata nello Stato dello Utah.
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In quel momento, Daniel decise anche di cambiare il proprio cognome, abbandonando quello che lo aveva accompagnato fino a quel momento, Shellabarger, mutato nel più semplice ed armonico Suelo. Daniel dal 2000 non possiede un conto in banca, non maneggia denaro di alcun tipo, non utilizza buoni cartacei per gli acquisti e non riceve alcun sussidio economico da parte del Governo. Ha lasciato il proprio precedente lavoro come cuoco nella convinzione che non fosse il denaro a determinare la propria felicità.
A parere di Suelo, il denaro non è altro che una trappola da cui rifuggire il prima possibile. Il denaro sarebbe, a suo parere, la fonte principale di dissapori e scontri tra gli uomini. L'accumulo di oggetti acquistati grazie alle ricchezze accumulate costituirebbe soltanto un sollievo apparente e momentaneo dalle difficoltà della propria esistenza. La sua scelta era apparsa particolarmente bizzarra nel 2000, quando la crisi economica non aveva ancora colpito gli Stati uniti ed il mondo intero e non aveva ancora apportato quegli effetti negativi di cui siamo ogni giorno testimoni.
Il suo caso salì alla ribalta proprio a partire dal 2008, nel momento in cui l'economia mondiale cominciò a vacillare gravemente. Il suo tentativo di abbandonare il "sistema" imposto dalla società americana sembrava essere andato a buon fine e proseguire senza eccessivi intoppi. La decisione di Suelo di distaccarsi dalla comune routine non lo ha però condotto al completo isolamento dalla società. Suelo può contare sulla propria rete di amicizie e non disdegna l'impiego delle nuove tecnologie per raccontare la propria singolare esperienza di vita.
Dal 2007 infatti Suelo racconta le proprie vicende sfruttando le potenzialità del web, al fine di diffondere la propria esperienza. Suelo cura il blog Zero Currency ed il sito web Living Without Money, attraverso i quali esplora le tematiche legate al ritorno ad un'economia basata sul dono, ad un sincero contatto con la natura ed alla possibilità di fuggire dai dorati richiami provenienti dalla società dei consumi. Ampio spazio è inoltre dedicato alla risposta alle frequenti domande da parte di coloro che vorrebbero provare, almeno in parte, ad imitarlo. Suelo non si sente né ricco né povero, poiché ricchezza e povertà sono termini di paragone che non appartengono più al suo stile di vita, mentre rimangono alla base dei sistemi sociali da cui ha deciso di distaccarsi. Suelo sembra aver trovato così il proprio equilibrio, fatto di buone pratiche e buoni esempi, ma privo di disprezzo nei confronti di coloro che hanno compiuto una scelta diametralmente opposta alla sua.
Marta Albè


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Il cervello arcaico ha salvato l'australopiteco

http://cipiri.blogspot.it/2012/04/scienza-rita-levi-montalcini-quasi-100.html

Quello che molti ignorano è che il nostro cervello è fatto di due cervelli.
 Un cervello arcaico, limbico, localizzato nell'ippocampo, che non si è praticamente evoluto da tre milioni di anni a oggi, e non differisce molto tra l'homo sapiens e i mammiferi inferiori. Un cervello piccolo, ma che possiede una forza straordinaria. Controlla tutte quelle che sono le emozioni. Ha salvato l'australopiteco quando è sceso dagli alberi, permettendogli di fare fronte alla ferocia dell'ambiente e degli aggressori.

 L'altro cervello è quello cognitivo, molto più giovane. E' nato con il linguaggio e in 150mila anni ha vissuto uno sviluppo straordinario, specialmente grazie alla cultura.

 Purtroppo buona parte del nostro comportamento è ancora guidata dal cervello arcaico. Tutte le grandi tragedie, la Shoah, le guerre, il nazismo, il razzismo - sono dovute alla prevalenza della componente emotiva su quella cognitiva. E il cervello arcaico è così abile da indurci a pensare che tutto questo sia controllato dal nostro pensiero, quando non è così. Il cervello arcaico ha salvato l'australopiteco ma porterà l'homo sapiens all'estinzione. La scienza ha messo in mano all'uomo potenti armi di distruzione. La fine è già alla portata.
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Australopithecus è un genere estinto di mammiferi ominidi. Gli Australopitechi apparvero per la prima volta all'incirca 4 milioni di anni fa: ebbero un certo successo evolutivo, divenendo assai diffusi in Africa, fino ad estinguersi completamente circa 2 milioni di anni fa. Le nostre attuali conoscenze sull'origine dell'Uomo ci permettono di tracciare, nelle sue tappe essenziali, la storia evolutiva della famiglia zoologica di cui facciamo parte -ovvero la famiglia Hominidae- a iniziare di fasi molto antiche, probabilmente di poco posteriore al punto di separazione dalla linea che ha condotto ai nostri parenti più prossimi, le scimmie antropomorfe africane.


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domenica 22 aprile 2012

Jodie Foster : tasse a Occupy Wall Street



Jodie Foster si rifiuta da tempo di pagare le tasse destinate agli armamenti e versa il corrispondente al movimento Occupy Wall Street. Denunciata, arrestata, cauzione, rilasciata... denunciata, arrestata, cauzione, rilasciata... Negli USA non versare il contributo "per la guerra" è reato.
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 http://cipiri.blogspot.it/2011/10/gli-indignati-occupano-wall-street.html

Gli indignati occupano Wall Street


The resistance continues at Liberty Square and Nationwide!


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venerdì 20 aprile 2012

Le sigarette fanno più male della marijuana


 "Fa meno male delle sigarette"

Londra "assolve" la marjiuana


Le sigarette fanno più male della marijuana

http://www.121doc.it/press/sigarette-piu-dannose-della-marijuana-7243.html

MEGLIO UNO SPINELLO AL GIORNO – Il fumo di sigaretta provoca più danni alla salute di quello di marijuana. Le sigarette causano cancro ai polmoni, problemi respiratori a lungo termine come la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) e, innanzitutto, l’indebolimento delle funzionalità polmonari. Lo stesso non avviene nei soggetti che fumano marijuana occasionalmente. A confermarlo una ricerca pubblicata sul Journal of the American Medical Association. Spiega Stefan Kertesz, primo autore dello studio: “Con l’uso della marijuana in aumento e un gran numero di persone che sono state e continuano ad esservi esposte, sapere se provoca danni permanenti alla funzione polmonare è importante per la salute pubblica e l’uso medico della marijuana. Si sa da tempo che il fumo di marijuana contiene molte sostanze chimiche irritanti presenti anche nel fumo di tabacco e può causare irritazione ai polmoni, respiro sibilante e tosse subito dopo l’uso. Tuttavia, nella ricerca sugli effetti a lungo termine sulla funzione polmonare vi sono incongruenze”. Il fumo di sigaretta fa addirittura più male di quello di marijuana.
SOLO LE SIGARETTE PROVOCANO LA PERDITA DELLE FUNZIONALITA’ POLMONARI – L’indagine è stata condotta dall’università dell’Alabama utilizzando il database di Cardia, un progetto di ricerca che ha coinvolto 5.000 cittadini statunitensi fra i 18 e i 30 anni per un periodo di 20 anni, dal 1985 al 2006. I dati mostrano che il fumo di tabacco diminuisce la capacità polmonare e il picco di flusso respiratorio (PEF), ossia la massima forza con la quale una persona riesce a espirare l’aria a seguito di un’inspirazione. Questo, appunto, non avviene con il fumo di marijuana. Anzi, sembra che per la marijuana sia vero il contrario: “Ai livelli di esposizione comunemente osservati negli americani – chiarisce Kertesz – l’uso occasionale di marijuana è stato associato ad un aumento del flusso d’aria e della capacità polmonare. Questo aumento non è grande, ma statisticamente significativo. E i dati hanno mostrato che anche con livelli moderatamente elevati di utilizzo, circa uno spinello al giorno per sette anni, non ci sono prove di diminuzione del flusso d’aria o del volume polmonare”.

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 I DANNI DELLA MARIJUANA – Ovviamente l’obiettivo dell’indagine non è quello di incentivare il consumo di marijuana, ma indurre gli individui a smettere di fumare. Kertesz avverte infatti che fumare marijuana danneggia comunque i polmoni: “Gli adulti sani soffiano da 3 a 4 litri d’aria in un secondo. La quantità che si guadagna in media con la marijuana è piccola, pari a circa meno di un quinto di una lattina. Quindi è qualcosa che nemmeno si nota e che non viene mantenuta nel tempo”. Il risultato poi “cambia per le persone che arrivano a livelli elevati di esposizione alla marijuana nella propria vita: a quel punto i dati suggeriscono che avviene un calo del flusso polmonare d’aria”. Gli effetti negativi della marijuana, inoltre, riguardano anche altri ambiti: il sistema cardiocircolatorio e quello immunitario, ad esempio, vengono entrambi compromessi dall’uso della marijuana.

http://www.codda.org/flora/maria/notizie/rep5.htm

LONDRA - "La marijuana dà meno assuefazione delle sigarette e dell'alcol": la commissione governativa britannica sull'abuso della droga spezza l'ennesima lancia di questi tempi in favore delle droghe leggere e propone di riclassificare la cannabis nella categoria B, la stessa degli steroidi anabolizzanti e del valium. "L'azione cardiovascolare della marijuana - spiega il rapporto - è simile agli effetti dell'esercizio fisico e probabilmente non pone rischi significanti alla salute degli adolescenti e dei giovani adulti".

Gli esperti medici ai quali il ministro dell'Interno David Blunkett aveva chiesto di studiare i pro e i contro di un ammorbidimento della legge sulle sostanze illecite ribaltano dunque la concezione medica della marijuana e sostengono che l'assunzione di cannabis potrebbe fare addirittura bene alla salute. Solamente se associata allo spinello, quindi all'assunzione mista a tabacco e carta, senza un vero e proprio filtro come quello delle sigarette, la cannabis ha un effetto negativo - spiega il rapporto - non tanto su neuroni e cervello quanto sul fisico in generale, perché lo spinello è più cancerogeno della sigaretta. Per il resto, "l'uso della marijuana non è associato a gravi problemi di salute in singoli individui o nella società".

Blunkett aveva annunciato l'intenzione di riclassificare la marijuana - l'uso personale con le nuove norme rimarrà un reato ma non comporterà l'arresto - nell'ottobre dell'anno scorso, a condizione, aveva detto, che il progetto fosse approvato da una commissione di esperti. Il via libera della commissione porterà a una modifica della legge esistente forse già il mese prossimo e, secondo gli esperti, la mancanza di una pena per l'uso personale non porterà a un aumento del consumo o del numero dei singoli consumatori di marijuana.

Girasoli e marijuana contro le radiazioni



Girasoli e marijuana contro le radiazioni

 http://cipiri2.blogspot.it/2012/03/girasoli-e-marijuana-contro-le.html

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Il sole ci dà la luce, ma la luna ci dona l'ispirazione


Il sole ci dà la luce, ma la luna ci dona l'ispirazione.
Se guardate il sole senza proteggervi gli occhi,
diventerete ciechi.
Se guardate la luna e non vi coprite gli occhi,
diventerete poeti.
(S. Bouchard)


. CikCiak . .
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